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Architetti di strada


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Quando la riqualificazione fisica non basta

Il Garibaldi 2 a Calderara di Reno è un complesso residenziale dai fortissimi contrasti, considerato da molti quale punto critico della periferia bolognese: uno spazio degradato situato fuori dalla città, oggi casa di molti nuclei familiari di culture diverse che condividono gli spazi dell’abitare, un luogo che testimonia che, soprattutto in certi condizioni, la riqualificazione fisica di uno spazio non è sufficiente alla sua riqualificazione reale. Inserendosi nel percorso partito già nel 2003 ad opera del Comune di Calderara di Reno per la riqualificazione di parte dell’immobile di edilizia residenziale pubblica, un complesso di sei blocchi di cui due già ristrutturati, l’associazione Architetti di Strada ha affiancato i progettisti vincitori del bando indetto dal Comune per la riqualificazione del terzo blocco residenziale, integrando il lavoro dei tecnici con un accompagnamento al progetto capace di far dialogare i diversi attori presenti in collaborazione con il piano di accompagnamento sociale attivo in questo luogo.

Il progetto prevede infatti una doppia scala di intervento: un accompagnamento per gli abitanti sulle scelte abitative e una gestione futura degli spazi comuni, inserendosi attivamente nel processo ben più ampio di trasformazione di questo complesso e promuovendo l’inclusione sociale, concentrandosi sulle criticità nei luoghi di aggregazione degli spazi comuni. Nel corso dei mesi sono stati fatti alcuni incontri con i proprietari degli alloggi per aiutarli a capire come sarebbero cambiate concretamente le proprie case e quali tecnologie sarebbero state introdotte e in alcuni casi, parlando con i futuri proprietari, i tecnici hanno modificato i singoli progetti per andare incontro alle esigenze personali degli abitanti.
Architetti di Strada, team multi-professionale, ha infatti l’obiettivo di offrire lo strumento del progetto tecnico di architettura e design a chi si occupa di disagio sociale-abitativo e a chi lo vive, con la convinzione che la costruzione di luoghi curati, confortevoli, adatti ai bisogni più diversi possa essere importante sin dalle fasi preliminari.

Il secondo livello del progetto riguarda invece gli spazi comuni e la loro gestione: gli spazi esterni costituiscono, alla pari delle case, i luoghi dell’abitare: intento dell’intervento è quello di favorire l’esercizio di collaborazione tra le famiglie e con la città attraverso l’affidamento della cura delle aree verdi comuni. Fermamente convinti di quanto sia importante sempre mantenere la persona come obiettivo finale dell’operato, l’intervento mira a ribaltare il modo in cui lo spazio è percepito attraverso azioni e spazi permettendo agli stessi abitanti di poterli animare.

Il primo intervento individuato è stato fatto sul grande giardino condominiale: ampio prato alberato utilizzato solo in minima parte come campetto per il gioco della pallavolo perché solitamente veniva utilizzato dai residenti come discarica a cielo aperto di rifiuti di tutti i generi.
Dopo un impegnativo lavoro di bonifica, pulizia e sfalcio del prato è stato possibile organizzare una attività di gioco nel giardino di nuovo praticabile, offrendo ai ragazzi un luogo di svago sicuro, lontano dalle aree a parcheggio fino ad allora utilizzate per il gioco.
Questa condizione però è ancora oggi molto labile: troppo facilmente quello spazio verde torna ad essere invaso dai rifiuti e nuovamente abbandonato dai ragazzi. Recuperare un edificio spesso si scontra con l’uso improprio dello spazio da parte delle persone; la qualificazione di un luogo passa soprattutto dalla presa di coscienza dei cittadini che quello di cui si parla è un bene comune, quindi un bene di tutti. Le persone tendono a considerare quello che è di tutti come qualcosa di nessuno. Uno spazio di qualità invece è quello che le persone hanno a cuore, a cui dedicano
attenzione, di cui si prendono cura.
Attraverso un lavoro con i giovani residenti, toccati in prima persona dall’uso improprio di questo spazio, con il bisogno quotidiano di muoversi liberamente all’aria aperta, abbiamo sviluppato dei laboratori attraverso cui i ragazzi stessi dovevano focalizzare il problema e trovare possibili soluzioni. Questo percorso porta, attraverso il gioco, a rendersi conto della anomalia del luogo e alla possibilità di usarlo in modo diverso.


Il programma prevede in particolare l’attivazione di laboratori aperti alla cittadinanza in cui residenti ed esterni possano conoscersi; arrivare alla collaborazione tra persone incentivate dalla voglia di socialità e dal miglioramento del bene comune, infatti, non vuol dire unicamente dotare l’area di un’infrastruttura ma sensibilizzare la comunità di Calderara e non solo.
L’attivismo quindi deve essere incentivato nei residenti stessi più che in associazioni esterne; le ultime possono portare il proprio punto di vista divergente e creare le condizioni al cambiamento.
Il cambiamento vero e proprio deve nascere da chi quello spazio lo vive ogni giorno.

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